domenica 20 novembre 2011

Emotions recollected in tranquillity

«I have said that poetry is the spontaneus overflow of powerful feelings: it takes its origin from emotions recollected into tranquillity». Traslando il pensiero di Wordsworth ad altri campi e comparandolo con quello di Coleridge, è più veritiera un'emozione forte, provata sul momento, nell'istante esatto in cui viene esperita oppure percepita a distanza di tempo, in completa tranquillità, in balìa del ricordo che quell'emozione ti può suscitare?

In breve: è più sincero il sentimento che provi nell'attimo, o quando ci ripensi a distanza di tempo?

Come quando guardi un'opera d'arte: è per forza vero che ti debba emozionare o suscitare un qualunque tipo di emozione subito, nell'immediato? O forse sul momento potrebbe anche solo averti lasciato un qualcosa nella mente che risulterà catalogato, rielaborato e amplificato in seguito?

domenica 11 settembre 2011

Quel disperato bisogno di adrenalina...

Il Blue Tornado, una delle più spettacolari attrazioni di Gardaland

Buongiorno a tutti,
Oggi vorrei condividere con voi una riflessione nata da una domanda che mi sono posta di ritorno da una gita a Gardaland.
Vi chiederete: "una riflessione su un parco-giochi"? Certo, chiunque ha trascinato i suoi genitori o i suoi amici ad un parco di divertimenti. Il perchè è semplice: in un modo o nell'altro finisce per accontentare tutti, grandi e piccini e la giornata scorre velocemente a suon di risate e in compagnia.
Quest'estate anche io ho avuto la mia esperienza da parcogiochi, un'esperienza che però mi ha abbastanza segnato: ore di ingresso 9,30 la mattina uscita ore 23,30. Abbiamo fatto tutti, dico davvero tutti i giochi, anche i trenini, tutto, anche più di una volta, tranne i giochi per bambini. Inutile dire che eravamo esausti una volta usciti.
Siamo partiti in sei: un gruppo giusto a mio avviso per potersi godere a pieno le varie attrazioni tutti assieme. Mi sono divertita, molto anche, ma come mi ha giustamente fatto notare una mia amica l'ottica con cui avevo deciso di affrontare la giornata era diversa rispetto a quella di parte dei miei amici: mi piaceva l'idea di provare le varie attrazioni, ma provate una volta (max max due) per me era sufficiente... Invece vedevo che c'erano alcune persone accanto a me che non desideravano altre che risalire ancora e ancora e ancora. Alle dieci di sera, dopo più di dodici ore di montagne russe, giochi d'acqua, file sotto il sole ero esausta, sfinita. Mi ritrovavo comunque in coda per l'ultima attrazione, il Mammut. Speravo, invano che i bambini ad un certo punto fossero stanchi e volessero andare a letto. E invece no, erano più arzilli di me; tiravano per le braccia i genitori che, bovinamente li seguivano perché sarebbe stato più faticoso dir loro di no che attendere passivamente in coda.


la formula dell'Adrenalina
Perché tutto questo? Perché la gente era disposta a fare 40, 60, 80 minuti di coda (ore 23,20, tempo di attesa per salire sul Raptor: 90 minuti), anche sotto il sole cocente per 50 secondi di gioco? Per l'adrenalina. Per esperire sul proprio corpo tutti quegli effetti che provocano l'immissione di adrenalina e noradrenalina nel sangue attraverso la stimolazione della ghiandola surrenale. Parliamo di un'attivazione generalizzata del sistema simpatico per cui la risposta agli stimoli rimbalza in "stazioni" situate sotto la corteccia, cioè nel sistema limbico (una serie di strutture correlate alle emozioni e al comportamento), in particolare nell'amigdala, piccolo nucleo di cellule nervose nella profondità dell'encefalo, essenziale per il formarsi della risposta emotiva alla paura. Questo nucleo dispone dei segnali che, amplificati e ritrasmessi, creano una serie di attivazioni specifiche: pupilla dilatata, perché si ha bisogno di raccogliere più luce; respiro affannoso, perché si ha bisogno di più ossigeno; costrizione dei vasi dei visceri, per fare affluire più sangue ai muscoli e al cervello dove, infatti, i vasi si dilatano. Vengono poi rilasciate una serie di altre sostanze quali la serotonina, per il tono dell'umore; la dopamina, che influisce sull'attenzione e sull'aggressività e modula i centri del "piacere"; le endorfine che, presenti nell'ipotalamo e nell'ipofisi funzionano come eccitatori del sistema analgesico cerebrale: esattamente come la morfina, non fanno sentire dolore e fatica e producono inoltre uno stato di euforia.

Questo argomento ha stimolato il mio interesse, per cui ho deciso di fare una ricerca sugli "amanti del brivido" e come in tutte le cose, ho scoperto che c'è una grande eterogeneità a riguardo: alcuni amano arrivare in stazione o in aeroporto sempre all'ultimo momento; sono perennemente in ritardo agli appuntamenti, specie a quelli che potrebbero cambiargli la vita; si presentano impreparati agli esami, attraversano col rosso, oppure giocano d'azzardo: alcuni si accontentano della roulette francese, altri si spingono fino a quella russa. Oppure ancora, frequentano sport estremi: passeggiano nell'oceano in compagnia di squali, si gettano da un aereo in caduta libera. Approcci differenti alla vita, persone diverse. Eppure, tutte accomunate dalla ricerca del rischio di perdere sempre e comunque qualcosa. Può apparire una forzatura accomunare chi non è mai puntuale con chi, guidando a fari spenti nella notte, rischia la vita. "Invece non lo è", ribatte decisa Valentina D'Urso, docente di Psicologia all'Università di Padova. "Il rischio può essere sinonimo di piacere. Negli esempi descritti questo nesso è più o meno evidente. In molte persone si manifesta solo in alcuni periodi della vita, in genere nell'adolescenza, in altre non si manifesta mai. E poi ci sono loro, i cosiddetti sensation seekers (cercatori di emozioni), ovvero persone con una "soglia di annoiabilità" molto più bassa degli altri. "Il fenomeno del sensation seeking", precisa Cesare Maffei, psichiatra, docente di Psicologia medica all'Università di Milano e direttore del Servizio di psicologia e psicoterapia del San Raffaele, "è la continua ricerca di stimolazioni sensoriali nuove, diverse, forti. Ed è legata a certi tratti temperamentali della personalità. Il sensation seeker per eccellenza è la personalità antisociale che non riesce a dilazionare il bisogno, non ha alcuna considerazione dei limiti della realtà. Ciò può anche finire per diventare una condizione borderline. Un esempio è la cleptomania, diffusa tra le donne. Spiega Maffei: "si ruba non per trarne vantaggio economico, ma per provare un piacere intenso come quello sessuale, molto vicino all'orgasmo".

La ricerca di emozioni forti non è però l'unico elemento a spingere verso la ricerca di situazioni rischiose. "C'è anche una costante ricerca di conferme", dice D'Urso, docente di Psicologia all'Università di Padova: "si è incerti sul proprio valore, che deve essere continuamente messo alla prova e confermato. Il rischio è come uno specchio, simile a quello della strega di Biancaneve". Paradossalmente, dunque, il rischio serve a rassicurare. "È una sorta di cura ricostituente della propria immagine", conferma D'Urso. "Dati recenti, raccolti tra un centinaio di studenti (60% donne e 40% uomini) della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Padova, suggeriscono inoltre che c'è anche un altro elemento: cercare la conferma di essere segnati dalla buona stella, che ti conferma "vincitore" ogni volta che superi un pericolo".

Dice D'Urso: "Vivere un'esperienza rischiosa produce una reazione molto simile a quella data da alcune droghe, in particolare dall'LSD, cioè un'esaltazione di tutte le percezioni: visive, tattili, olfattive, uditive, gustative". Sono numerosi gli esperimenti che lo dimostrano. Il più noto è stato condotto da psicologi dell'Università del Michigan e ripetuto, con variazione, da numerosi altri ricercatori. Ecco in cosa consiste: diversi ragazzi incontrano una ragazza, sempre la stessa, su un ponte sospeso. Per metà dei ragazzi, l'episodio si svolge in condizioni normali; per l'altra metà, al momento dell'incontro il ponte viene fatto ondeggiare pericolosamente, dando la sensazione che possa crollare da un momento all'altro. Ebbene, il secondo gruppo dei ragazzi, intervistati successivamente, ha evidentemente trovato la ragazza molto più attraente di quanto sia apparsa al primo. La conclusione? "Se oltre a provare emozioni forti" dice D'Urso "si vuole conquistare una ragazza, è meglio portarla sulle montagne russe piuttosto che a mangiare un gelato."

Quindi, cosa dà quella sensazione di piacere inebriante che spinge molti a cercare il pericolo ed il rischio? Le sostanze che, in risposta a questo stimolo, vengono rilasciate dalle nostre cellule nervose. Tutti, chi più, chi meno amiamo "drogarci" naturalmente, perfondere il nostro corpo di quelle sostanze che, in varia misura, danno un senso di benessere e di eccitazione, e accentuano la capacità di percepire ciò che accade intorno.

Per concludere, vorrei segnalarvi la lista-viaggi che ha redatto la Lonely Planet per tutti gli amanti della adrenalina: http://www.travelblog.it/post/10626/10-vacanze-avventurose-per-chi-ha-bisogno-di-adrenalina


Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Adrenalina
http://ilmiopsicologo.com/pagine/sensation_seekers_droga_condatta_disinimita_caccia_emozioni.aspx
http://www.travelblog.it/post/10626/10-vacanze-avventurose-per-chi-ha-bisogno-di-adrenalina
http://d.repubblica.it/dmemory/1997/01/14/attualita/emozioni/070adr3370.html
http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20090319115501AA5XVRt



sabato 10 settembre 2011

Flipboard


Buonasera a tutti!
Questa settimana vorrei fare qualcosa di diverso... Vorrei consigliarvi un programma interessante per Ipad: si chiama Flipboard http://flipboard.com/ è un aggregatore (scaricabile gratuitamente) che riunisce in un'unica applicazione la possibilità di visualizzare news, pics e condividerle contemporaneamente sia su Twitter che su Facebook. Desidero consigliarlo perchè
1) È di rapida consultazione
2) È davvero singolare il modo in cui incastona a mosaico immagini e titoli di articoli e links.
3) È gratuito per cui, nel caso non vi convincesse basta cancellarlo!

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Per caso sei uno studente di Medicina e utilizzi un Ipad? Su IpadForumItalia stiamo cercando di riunire gli studenti di Medicina in una specie di gruppo, in modo da poterci scambiare idee e suggerimenti su quali applicazioni scaricare!
Nel caso la questione ti interessasse ecco il link: http://www.ipadforumitalia.com/forum/topic.html?f=42&t=2175&p=10548&hilit=Medicina#p10526

domenica 14 agosto 2011

La Linzer Torte

Oggi ho voluto condividere con voi la ricetta della torta che ho conosciuto questa estate mentre passeggiavo in Val Badia... È stata una conoscenza decisamente gradita! Sto parlando della Linzer Torte!
La Linzer Torte è considerata la torta più antica del mondo, essendo nominata per la prima volta già nel 1653. Una torta gustosa, unica nel suo gusto, ideale per chi ama le crostate, le torte di grano saraceno e le torte montanare in genere.




Ricetta per la Linzer Torte Originale
150 g burro
250 g farina (00)
150 g zucchero a velo
100 g nocciole arrostite
1 uovo
spezie (vaniglia, scorza di limone, cannella, polvere di garofano)
10 g lievito in polvere
300 g marmellata di mirtilli rossi

Impastare il burro e lo zucchero, aggiungere la farina mescolata col lievito, le nocciole grattugiate, l’uovo e le spezie.
Far riposare la pasta al fresco, dopo mezz’ora ritirla dal frigorifero e tagliarla in quattro parti. Spianare tre quarti della pasta a circa 1,5 cm di spessore per un diametro di 22 cm, spalmarvi sopra la marmellata di ribes. Il resto della pasta va aggiunto sopra come orlo e a forma di grata. Spalmare la superficie dell’orlo e della grata con un pò di uovo e coprire l’orlo di sottili fette di mandorla. Mettere a forno per 40–45 minuti a circa 190 gradi.

sabato 13 agosto 2011

Twitter

Buon pomeriggio a tutti!
Oggi ho aperto il mio account su Twitter! Nel caso qualcuno volesse venire a farmi un salutino... Sono Nonsolociliegie!

mercoledì 10 agosto 2011

Vivamus atque amemus (Catullo)


Vivamus mea Lesbia, atque amemus
rumoresque senum seueriorum 
omnes unius aestimemus assis! 
soles occidere et redire possunt: 
nobis cum semel occidit breuis lux,                                   5 
nox est perpetua una dormienda
da mi basia mille, deinde centum, 
dein mille altera, dein secunda centum, 
deinde usque altera mille, deinde centum. 
dein, cum milia multa fecerimus,                                    10 
conturbabimus illa, ne sciamus, 
aut ne quis malus inuidere possit, 
cum tantum sciat esse basiorum.

martedì 9 agosto 2011

Summer holidays

Buonasera a tutti!
Sia a chi è in vacanza e chi non!


In quale parte del mondo vi trovate di bello?
Io sono appena tornata da qualche viaggio che ho fatto tra Trentino Alto Adige, Marche, Umbria e un pizzico di Lazio. E per la fine dell'estate sarò passata anche in Veneto! Eh sì quest'estate sono stata poco esterofila!


Visto che parliamo di vacanze... 
Voi che tipo di vacanza preferite? All'avventura o superorganizzata? Per alberghi o in tenda, a giro per i camping?


e...se prenotate gli alberghi prima di partire a chi vi affidate?


Io ultimamente sto usando Booking.com, ma qualcuno mi ha consigliato Trivago... Mai usato? Io ancora non l'ho provato! Preferite invece contattare direttamente l'albergo...?


E poi... siccome sono una GRAN GOLOSONA diciamo che mi piace andare in una città, in un paese ecc e visitare duespaghi.it per vedere quali ristoranti siano consigliati dalla clientela... Lo conoscete? L'ho scoperto recentemente ed è stato una rivelazione: ognuno di noi si può improvvisare critico culinario, cenare in un'osteria o ristorante e scrivere un breve commento nell'apposita pagina sul sito. Chi vuole può anche accompagnarvi un voto che va da zero a... "spagolicious"!
Per quano riguarda l'umbria attraverso duespaghi siamo venuti a conoscenza di due posti eccezionali... uno a Gubbio e l'altro poco fuori Norcia in un agriturismo... 
Ho deciso che anche io scriverò la mia opinione: voglio contribuire in qualche modo a questo circuito informazionale a cui ho attinto con goloso piacere!


Voi che ne pensate?

domenica 17 luglio 2011

Non è bellissima?

Monteriggioni 2011- Festa medievale
Non è bellissima? E' un gufo reale (femmina)

venerdì 15 luglio 2011

Are you a lurker?

Pensando al post che avevo scritto qualche tempo fa "Caro visitatore, da dove leggi?" ho riflettuto su coloro che per caso o per interesse capitano sul mio blog, senza però lasciare traccia alcuna. Ho così letto un po' qua e là e ho scoperto che esiste un vero e proprio termine per definire il lettore silenzioso: "lurker".


Wikipedia come al solito m'è venuto in aiuto dandomi un'esaustiva definizione:


"Il lurker è una persona che è iscritta a una mailing list o che frequenta una comunità virtuale di qualsiasi tipo (una newsgroup, un forum, un blog) e ne legge con grande attenzione i messaggi, ma non ne scrive o ne invia mai di propri. In tal modo evita di rendere consapevoli gli altri utenti della propria presenza, risultando così sconosciuto al resto della comunità virtuale nonostante una più o meno abituale frequenza".


Nonostante l'inquietante immagine qui di lato (una delle prime che ho trovato digitando "lurker" su google) sembra però non abbia un'accezione negativa: la netiquette richiederebbe addirittura un periodo di "lurking" prima di palesarsi e iniziare a parlare. Alle volte i lurkers rimangono "nell'ombra"; alle volte invece escono allo scoperto, scrivendo un qualcosa dal quale si può desumere la loro attenzione, sorprendendo i partecipanti attivi. In altri casi ancora, il lurker decide di "convertirsi" e diventare anche lui un utente attivo dopo un periodo più o meno lungo da spettatore.


Spesso lo faccio anche io: leggo quello che scrivono gli altri e i rispettivi commenti, ma preferisco non intromettermi. Forse è proprio questo ciò che mi frena. O forse davvero siamo troppo ancorati a quello che è il giudizio altrui.

Conserveresti il virus del vaiolo?

Che fare con gli ultimi esemplari di un virus letale che solo nello scorso secolo ha causato la morte di oltre 400 milioni di persone? Distruggerli definitivamente o conservarli per uno loro utilizzo futuro? La risposta a questa domanda è meno ovvia di quanto a prima vista potrebbe apparire: da oltre 15 anni sta tenendo impegnati gli esperti dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità. 


Le ultime provette contenenti il virus che al momento sono conservate, e ben protette, nelle stanze blindate del Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta e in un centro sanitario della Siberia.


Il vaiolo è stato completamente debellato alla fine degli anni ‘70 grazie a una capillare campagna di vaccinazione di massa durata un decennio e la dichiarazione di ufficiale sconfitta è stata proclamata dall’OMS nell’inverno del 1979. Da allora le autorità dei paesi in via di sviluppo, in assoluto i più colpiti da questo devastante flagello premono perchè anche gli ultimi campioni conservati nei laboratori vengano eliminati. Il loro timore è quello di una fuga del virus che potrebbe sfociare in nuove pericolose epidemie.
E in effetti, all'inizio le autorità sanitarie internazionali avevano deciso di procedere con la soppressione del virus già nel 1996. La "condanna" fu sospesa all’ultimo momento su richiesta di molti paesi, Russia e USA in testa, che sostenevano l'opportunità di conservare alcuni esemplari del virus per studiare nuovi vaccini e nuove cure, utili in caso di improvvise recrudescenze della malattia.


La decisione ufficiale sulla sorte dei campioni di vaiolo è attesa per il prossimo mese di maggio:  Russia e Stati Uniti sembrano in realtà propensi a conservare i campioni del virus, ritenendoli indispensabili per la ricerca e per produrre antidoti e medicinali in caso di scellerati attacchi con armi biologiche base di vaiolo.


E tu? Cosa ne faresti del virus
Partecipa anche tu al sondaggio organizzato da Focus a questo link. Però, se vuoi... dimmi cosa ne pensi! 


Fonti: http://www.focus.it/scienza/eliminare-o-no-il-virus-del-vaiolo3160_8271_931_C12.aspx

venerdì 8 luglio 2011

OER: quanto sono importanti?

Dietro suggerimento del professore, ho dato un’occhiata ai post che ha pubblicato sulle OER, le Open Educational Resources, risorse liberamente disponibili che possono essere utili per la formazione. Per chi volesse saperne di più, questi sono i link: 1, 2, 3


In particolare mi ha fatto riflettere questa parte del primo post:
“(…) Voglio mettere in luce l’atteggiamento aperto dei professori che riconoscono il valore di altri e, invece di chiudersi e chiudere gli studenti nel proprio recinto, propongono addirittura loro di integrare i propri materiali con quelli degli altri. Questa visione aperta e collegiale è fondamentale e, purtroppo, molto poco diffusa dalle nostre parti. Una volta un mio collega al quale stavo descrivendo le opportunità di un atteggiamento più aperto che si rende oggi possibile grazie alle nuove tecnologie mi disse: “Ma io sono geloso delle mie cose!” Ecco, in che misura possono essere “proprie” le cose che insegnamo?


Io credo di no. Sono fermamente convinta di no. Per due motivi:
1) Qualsiasi idea, informazione, frammento di conoscenza è (e deve essere) proprietà di tutti. Se non è già liberamene riscontrabile, intelleggibile, fruibile (e quindi, di tutti) è senza vita, senza ragione di esistere. Che senso avrebbe scoprire un qualcosa di soddisfacente, ma tenerlo solamente per sé? Una scoperta sensazionale che nasce e muore con lo scopritore. Ma senza per forza parlare di invenzioni, un qualsiasi oggetto di ricerca utile alla formazione dell’individuo è già parte della conoscenza di qualcuno e si accinge a diventare parte di quella qualcun altro.
2) La modalità mediante la quale si può esprimere un’informazione, si può far comprendere (e quindi insegnare) un qualcosa potrebbe, in teoria “appartenere” a chi le mette in pratica. Ne siamo sicuri? A mio parere, chi compie questo gesto fa in realtà da tramite, veicola la conoscenza a qualcun altro. Ma protagonista è l’informazione, non il mezzo attraverso cui questa viene trasmessa.


Mentre leggevo i post e le esperienze di studenti americani ho pensato a quanto siano fondamentali le OER. Nel mio piccolo ho già avuto modo di usufruirne sia grazie all’esame di informatica (l’intero corso è un esempio di OER) sia per istologia. In particolare per quest’ultima mi sono state utili sia le dispense pubblicate online dalla Facoltà di Medicina di Firenze sia questo link che invito tutti a visitare: http://www.federica.unina.it/corsi/morfogenesi-ed-anomalie-dello-sviluppo/#cattedra 


Il link vi condurrà presso un sito di E-learning condotto dalla Professoressa Luciana Castaldo della Facoltà di Medicina Veterinaria Federico II di Napoli. Vi chiederete: “Embriologia medica su un sito di E-learning di Veterinaria”? Proprio così: alcune parti sono assolutamente in comune (ovviamente ho tralasciato le slides riguardanti pesci e rettili). Il tutto fa parte del corso “Morfogenesi e anomalie dello sviluppo” (seguibile anche tramite feed RSS!). Tramite un pratico indice si può accedere alla pagina che più si preferisce e l’apprendimento è reso più rapido da alcuni successioni animate di immagini embriologiche! Per quanto mi riguarda mi è risultato fondamentale per la comprensione di determinati processi (che, ahimè non risultano d’immediata comprensione sulla pagina di un libro di testo).



Recentemente ho scoperto un altro canale di OER molto interessante, su iTunes.
Connettendomi ho notato che vi è una sezione chiamata "iTunesU". Incuriosita vi ho dato un'occhiata e ho scoperto che è un vastissimo contenitore di lezioni, film, video, audiobooks ecc proveniente da tutte le università americani possibili: Yale, Standford, MIT e ancora. Basta cliccare su "Universities & colleges" e compare l'elenco completo. Ecco alcuni esempi che possiamo trovare nella homepage: la EMORY unviversity propone un intero corso intitolato "Tutankhamun: the golden king & the great Pharaoth"; l'università di Yale propone 12 lezioni di psicologia; Standford 5 audioepisodes sull'Eneide. Questi sono in evidenza, ma il repertorio è sterminato! Tutto rigorosamente gratis!



Un altro pratico esempio mi è pervenuto da mia madre. Ha avuto modo di stupirmi.
Mia madre ha deciso di dedicarsi con impegno ad un progetto interessante: il PON SOS studenti. (http://puntoedu.indire.it/pon_sosstudenti/iscrizione/)
Mia madre è un’insegnante di inglese e, insieme ad altri docenti ha aderito a questo progetto proposto dall'Indire il quale consiste nel partecipare alla realizzazione di un corso online per studenti con sospensione del giudizio. Nel mese di agosto, coloro che a settembre dovranno sostenere un esame di fisica, matematica e/o inglese (anche Italiano, in altre scuole) per superare il debito potranno seguire delle lezioni di supporto direttamente a casa (o altrove se in vacanza), tramite webcam: un modo innovativo, accattivante e alternativo rispetto alla lezione frontale per dedicarsi allo studio/ripasso pre-esame. Gi studenti potranno seguire percorsi individualizzati e nello stesso tempo prendere parte a gruppi di discussione attivi. Insomma, una vera e propria “classe virtuale”.


Studiare su uno, due, dieci libri è utile, per carità, utilissimo. Ma alle volte sono seduta alla scrivania e guardo il computer (dietro al libro): lo guardo perché in parte vorrei prendermi una pausa (navigando liberamente), ma devo ammettere che le esperienze di OER o E-learning mi hanno permesso di affrontare lo stesso argomento da un punto di vista completamente diverso, più immediato e, alle volte anche più rilassante. Andrò sicuramente alla ricerca di altre risorse simili nel futuro. 

lunedì 27 giugno 2011

Caro visitatore, da dove leggi?

Mi piace ogni tanto entrare nel mio blog e sbirciare le statistiche. Blogspot ha una sezione bene organizzata a riguardo, ti permette di vedere quali siano i post più visualizzati, quali siano le parole chiave di google che abbiano portato i naviganti su nonsolociliegie e quali siano gli url di riferimento.
Un altro aspetto che ritrovo tra le statistiche e che amo consultare e' la cartina che compare indicandomi con un delicato color verde la provenienza di coloro che sono approdati su questo blog. Stati Uniti, Russia, oggi ho trovato anche Svizzera, Nigeria, Colombia e Tailandia. Quanto mi piacerebbe sapere come vi siano arrivati, cosa abbiano digitato per arrivarvi e cosa ne pensino di questo blog. È per questo che tra le "opzioni commenti" ho impostato che chiunque possa commentare, sperando che anche gli stranieri, un giorno vogliano scrivere qualcosa.

Tu caro visitatore, da dove leggi?

Grazie le statistiche ho visto che il post sul cuculo è molto visitato. Il pulcino assassino non ha incuriosito solo me!

domenica 19 giugno 2011

Il Test di Medicina. Un capitolo a parte

E' uscito il nuovo bando per il test di Medicina.
Dico nuovo, è vero, ma è praticamente uguale all'anno scorso. Nonostante tutte le polemiche che c'erano state, tutti i Professori Universitari che si eran mossi, articoli sui giornali, interviste a destra e a manca (a tre giorni dal test dell'anno scorso, con quale utilità, a quel punto beh, scusate, ma non la comprendo) è rimasto tutto uguale. Era stata proposta una graduatoria regionale, di togliere la cultura generale e inserire più logica... Nulla.
Avviso che quello che sto per scrivere è un post-sfogo perché tanta è la rabbia che si autoalimenta nel mio petto.


Il test di Medicina? Un capitolo importante della mia vita. Devo proprio ammetterlo, un capitolo della mia vita riguarda il test di ammissione alla Facoltà che desideravo ardentemente intraprendere. Parlo di un capitolo e non di un paragrafo, di una pagina proprio perchè mi ha condizionato molto, purtroppo (o anche per fortuna?)


Finisco la maturità per cui mi ero impegnata al massimo affinchè mantenessi un bel ricordo di quell'esame e dei cinque anni di liceo classico. Pochi giorni di stacco... E subito comincio a studiare per il test. In realtà già da prima mi ci ero dedicata, ma di sicuro non è facile con la maturità alle porte, con le mille interrogazioni che si succedono ecc. Cerco di ripassare biologia, chimica, studiare matematica, fisica e poi c'è lei... la cultura generale. Inutile dire che quella richiesta non è una cultura di tipo generale, ma di tipo nozionistico e specifico. Come si fa a basare metà test, dico metà test, 40 domande su 80 su un alea? Si perchè ognuno possiede la sua cultura generale, io posso essere ferrato su 200 argomenti e il test ne potrebbe contenere altri 200. Beh proprio per questo potrei non entrare nella Facoltà dei miei sogni. 
Ma questo non è il solo problema.


Ormai ogni candidato che si trova ad affrontare quel test si rende presto conto che non sta gareggiando con suoi pari. Gareggia spesso con studenti rimbalzati l'anno prima e aventi frequentato un anno di Università, studenti laureati, anche alle triennali sanitarie, adulti che decidono di studiare Medicina per piacere personale...


Qual è il modo che è stato studiato per far sì che vengano selezionati 220 persone da 1600 domande? Facendo domande difficili. Beh molto approfondite: ricordo che al test 2009\2010 c'erano domande di biochimica. Chi ha affrontato biochimica alle superiori? E' per questo che secondo me sarebbe opportuno calibrare i programmi del test in base ai programmi svolti dai licei. Tutti hanno il diritto di affrontare il test di Medicina, per carità, ma a mio avviso andrebbero privilegiati gli studenti appena usciti dalle superiori con un programma che sia il più possibile simile a quello che hanno studiato negli anni di corso. Non ti dico "meno matematica e fisica" dato che io ho fatto un classico per cui la nostra matematica era un optional, perché è giusto ci siano queste materie ma, ad esempio, molte delle domande di biologia dell'anno scorso che erano di genetica io sono riuscita a rispondervi perché avevo studiato genetica a biotecnologie. Alle superiori, nonostante avessimo studiato qualcosa, non eravamo andati così nel dettaglio e le avrei lasciate due anni fa. Molti degli argomenti richiesti verranno affrontati nel primo anno di Università, perché allora è necessario doverli padroneggiare prima, per poter accedere al primo anno?
Cioè perchè devo sapere prima ciò che dovrò studiare in seguito?
E' veramente questo il modo giusto per selezionare gli studenti?


E' vero, c'è un programma per questo (eccolo, il famoso "allegato A") e i "macroargomenti" citati possono essere stati affrontati alle superiori, ma non sempre con tale approfondimento. E' vero, molto va preparato con un lavoro di tipo individuale e, come suggerito dai pre-precorsi di Medicina, sicuramente anticipato rispetto al post-maturità, ma a mio parere il livello di approfondimento richiesto risulta spesso maggiore rispetto a ciò che uno studente liceale può preparare (per strumenti a disposizione, esperienza...)
Ora lo posso dire, il livello richiesto per alcune domande è del tipo esame-universitario-da-primo-anno-di-corso. Chissà com'è contento lo studente liceale. E' ovvio che è completamente svantaggiato, da diversi punti di vista.


Cosa proporrei io?
Non è giusto criticare senza esser costruttivi i propositivi.
Secondo me sarebbe stata una buona idea introdurre una serie di domande in lingua inglese (es reading and comprehension) come già fa il San Raffaele da anni: ha molto più senso che un aspirante medico conosca un minimo l'inglese, la lingua della scienza rispetto a sapere "che tipo di musica sia quella dodecafonica". Diminuire poi, se non addirittura togliere la cultura generale: aumentare invece i quesiti di logica che si prestano per un test di ammissione e per valutare le capacità di ragionamento logico dei candidati. E poi, come ho già scritto, Calibrare poi molto di più i programmi del test in base ai programmi svolti dai licei.


Io non ho passato il test alla prima, soprattutto per il mio deficit in matematica e fisica, un gap che ho cercato di colmare nel primo anno di Università che ho svolto a Biotecnologie. Purtroppo, anche se avevo studiato biologia e chimica le domande erano per me davvero molto specifiche. E così un anno è andato, da una parte mi è servito a motivarmi ancora di più, ma c'è da tenere in considerazione che Medicina sono sei anni, più quelli della specializzazione. Molti ragazzi non riescono ad entrarvi, anche la seconda volta. E così, un po' perchè non risultano ferrati in cultura generale (che è la parte che vale più punti, anche per la correzione, rispetto a biologia, chimica, matematica e fisica) o sbagliano qualche domanda qua e là, rischiano di dover scegliere di studiare qualcos'altro, magari non con la stessa motivazione, passione e attitudine. Chissà quanti buoni medici abbiamo così perso per strada.


Siamo sicuri che questo tipo di test non favoriranno le scuole "private" organizzate per "preparare" gli studenti al test, costando alle famiglie migliaia di euro?


Ho parlato di un "capitolo" della mia vita perché mi ha condizionato alla fine per ben due anni. Le estati quasi non esistevano, se non con la perenne angoscia di quell'appuntamento che mi attendeva i primi giorni di settembre... Qualsiasi cosa veniva fatta in funzione di quel test: libri, giornali, settimana enigmistica e perché no, il Milionario alla tv, educazione civica con la Costituzione alla mano... Tutte cose che ovviamente possono aver arricchito il mio bagaglio culturale, ma lo stress che c'è stato dietro, il timore di non riuscire a farcela... il continuo mettermi in discussione... "forse non ne sono all'altezza"? "Forse non sono abbastanza intelligente"? Il non averlo passato alla prima è stata dura, anche perché a quel punto ho dovuto fare una scelta: o mi buttavo su qualcos'altro oppure investivo tutta me stessa nel progetto di un anno, o magari due, altrove, fino a quando non avessi passato quel test.

domenica 12 giugno 2011

Sviluppo del cuore (embriologia)

Buongiorno a tutti!
Volevo consigliarvi questo link per lo studio dello sviluppo del cuore! E' in inglese, un po' datato, ma secondo me veramente utile e fatto bene! La parte finale accenna anche alla circolazione fetale!
Avrei voluto sottotitolarlo con Dotsub, ma non ci sono riuscita, non me l'ha caricato... Voi mi sapreste dire come mai?

sabato 11 giugno 2011

Memoria difettosa? Può esser colpa di un gene!

Se non ricordiamo dove abbiamo messo gli occhiali o dimentichiamo di dare da mangiare al pesce rosso, la colpa potrebbe essere di un gene. Infatti, le persone portatrici di una variante inusuale del gene che codifica per il recettore 5-HT2a della serotonina, un neurotrasmettitore che proprio insieme ai suoi recettori svolge un ruolo molto importante nei processi di apprendimento e memorizzazione, presentano una memoria peggiore di coloro che invece possiedono la variante comune. 


Gli autori dello studio, pubblicato sul numero di novembre di Nature Neuroscience, hanno testato due “popolazioni” indipendenti di soggetti, una costituita da universitari (gruppo accademico), e una da impiegati che non avevano fatto l'università e studenti non laureati (gruppo non accademico). I partecipanti erano chiamati a visionare sei serie di cinque parole prive di correlazione tra loro e in seguito dovevano sottoporsi a test specifici per valutare l'efficienza della memoria episodica, che è quella che trattiene le informazioni riguardanti eventi collocati nello spazio e nel tempo. Dai dati acquisiti è risultato che i portatori della variante inusuale del gene 5-HT2a mostravano una capacità di memorizzazione inferiore del 21% rispetto ai possessori della variante comune, indipendentemente dal gruppo di appartenenza, dal sesso e dall'età. Inoltre, sottoposti a test di tipo non mnemonico, tutti i partecipanti allo studio rispondevano egualmente bene, a dimostrazione del fatto che il gene 5-HT2a interviene specificamente solo nei processi relativi alla memoria. 


Fonti: http://www.focus.it/Scienza/notizia/Una_memoria_da_geni.aspx

mercoledì 8 giugno 2011

Pre-Assignment 2: Proviamo a sottotitolare con dotSUB!

Su suggerimento di Ale Muffin, Il colore del Camaleonte e MustardSeed ho deciso di lanciarmi in una nuova esperienza: provare a sottotitolare dei video tramite dotSub.
Pensavo fosse più complicato, ma alla fine non è assolutamente così! Basta un po' di pazienza, ma con un po' di tempo a disposizione si riesce a trascrivere ciò che viene detto nel video, magari inizialmente nella lingua del video stesso così poi sarà più semplice procedere con la traduzione, in qualsiasi lingua decidiamo di tradurlo!
Il sito è questo: dotSub basta 1) iscriversi 2) seguire il link che ti viene inviato via mail e quindi fare il login 3) Fare l'Upload del video che preferisci (lo puoi caricare se ce l'hai salvato sul computer oppure puoi inserire l'Url da youtube) 4) attendere che ti processino il video (bisogna aspettare solo pochi minuti) e a quel punto... cominciare a trascrivere! Ad aiutarci vi è inoltre un video di welcoming che ci spiega quale combinazione di tasti usare per lo start/stop del video e procedere con la trascrizione!

Devo dire che il tutto era nato per sottotitolare un video che mi è stato utilissimo per studiare lo sviluppo del cuore ad embriologia ed è questo (lo potete comunque trovare all'interno della mia pagina di delicious sotto "embriologia", insieme ad altri links raccolti) però per qualche motivo non lo caricava, nell'email in cui avrebbe dovuto darmi la conferma del caricamento mi diceva invece che non era possibile :-( Per cui ho voluto provare con qualcosa di meno didattico, è vero, ma sicuramente utile per comprendere il meccanismo! Anzi, se qualcuno mi potesse spiegare per quale motivo non sia riuscita a caricarlo... Potrei correggermi! Comunque, nonostante tutto quel video sullo sviluppo del cuore ve lo consiglio sul serio! E' in inglese, ma ne vale la pena!

C'è una canzone che continuo ad ascoltare ultimamente ed è E.T. di Katy Perry feat. Kanye West ed
Ecco il video sottotitolato! E' un primo tentativo... Fatemi sapere!

martedì 10 maggio 2011

Perchè il meme si propaga dal punto di vista neuronale: i neuroni specchio

Approfondiamo un po' il discorso sui meme concentrandoci sui neuroni specchio (tra l'altro non posso non notare che la maggior parte dei miei post hanno a che fare con le neuroscienze, con la psiscologia ecc. Che voglia significare qualcosa?) che forse rappresentano l'aspetto che più mi ha colpito dei meme,

Alla base del meme come fenomeno linguistico c’è un necessario sub­strato biologico e psicologico. Non ci potreb­be essere, in altre parole, il meme se non ci fossero innanzitutto quelle par­tico­lari cellule che sono i neuroni specchio, ubicati nell’area di Broca del nostro cervello e scoperti all’inizio degli an­ni Novanta. Il meme infatti, come si è visto, si diffonde per imita­zione e dif­ficilmente potremmo imitare alcunché senza disporre di un mecca­nismo in grado di codificare in formato neurale l’informazione sensoriale e motoria che pertiene a un atto o a un insieme di atti.

Il sistema dei neuroni specchio determina l’insorgenza di un spazio condiviso, nel senso che, percependo il movimento impresso da altri al proprio corpo, ne cogliamo il senso strettamente motorio prima ancora che concettuale, essendo basata la comprensione del gesto su un vocabolario di atti già presente nel nostro cervello. Questo consente di riconoscere negli altri un comportamento che già sappiamo nostro, tanto è vero che sia nell’ipotesi che il gesto comunicativo venga da noi posto in essere sia che lo osserviamo in altri, viene attivata la stessa area neuronale. Percepito l’altrui movimento, anche se in modo riflesso e inconsapevole, potremmo essere portati dunque a imitarlo e replicarlo. Nel contempo siamo portati anche a compartecipare di ciò che l’atto motorio emozionalmente esprime provando noi stessi le medesime sensazioni avvertite da chi quell’atto ha compiuto. Questa condivisione emozionale sta alla base del trasporto emotivo che si prova a teatro o al cinema o alla televisione nel vedere gli altri gestire la propria corporalità. Tutto ciò va a favore di chi sostiene che l’uomo  sia un “animale sociale” essendo in grado di trovare la propria identità grazie all’altruità che lo circonda.

Il meme consente dunque il nostro allineamento cognitivo ed emozionale con gli altri, rendendoci percettivi e pronti alla trasmissione dei segnali comunicativi e facendoci sentire parte di un insieme.

domenica 8 maggio 2011

I meme: virus della mente


In un post precedente ("Una canzoncina fastidiosa che risuona nelle orecchie? Serve a ricordare") ho citato l'esistenza dei meme :"Chi si occupa di marketing studia infatti le caratteristiche comuni dei tarli per trasmettere memi (concetti che funzionano come infezioni) per vendere".

Ma cosa sono i meme? Proviamo a conoscerli un po' meglio.

L’idea centrale della memetica, protoscienza che studia il fenomeno dei meme, nata da un concetto coniato da Richard Dawkins nel 1976 nel suo best seller “Il gene egoista”, è che esistano delle unità di trasmissione della cultura, che sono chiamate meme (dal greco μίμεμα). Si tratta più esattamente di un’unità di informazione, semanticamente autosufficiente, propria della cultura umana, che ha la capacità di replicarsi da un soggetto a un altro per imitazione volontaria o meno.

In altri termini, i meme sono delle idee che, trasmesse da mente a mente, acquisiscono una sorta di vita autonoma e manifestano una loro caratteristica capacità di diffusione e replicazione.

Esistono pertanto dei meme “forti” cioè con alta capacità di diffusione e replicazione, e meme “deboli”, con scarsa capacità di diffusione e replicazione. Un esempio eclatante di meme efficace in chiave storica è stata l’ideologia nazista le cui credenze si diffusero rapidamente nella Germania tra le due guerre mondiali, come un virus della mente era stato in grado di infettare le menti del popolo tedesco a prescindere dal fatto che fossero idee valide.

Dal punto di vista della memetica, non è importante infatti quanto un’idea sia vera o profonda, ma come e quanto si diffonda e si replichi. La proprietà di un meme di essere trasmesso dipende dalle sue proprietà intrinseche.

Il meme si diffonde principalmente in quattro modi: per condizionamento o per ripetizione, per dissonanza cognitiva, come cavallo di troia o per imitazione.

Se si sente un qualcosa che viene ripetuta sufficientemente con una certa frequenza diventa parte del nostro codice comportamentale. Lo sanno bene i pubblicitari che sfruttano questo fenomeno iterativo concentrando tutta l’efficacia del messaggio nelle poche battute del cosiddetto “claim”, breve frase di effetto (“Vodafone: life is now”, “Grey, ottimo direi”) che fa scattare l’associazione del meme al prodotto da vendere. Questo messaggio induce (e seduce) il compratore che sarà anche inconsciamente portato a credere di non acquistare solo il prodotto in sé, ma anche il valore aggiunto incorporato al prodotto, l’immaginario metaforico che il pubblicitario sarà stato in grado di caricare su quello stesso bene. 

Il meme si diffonde anche per dissonanza cognitiva, nel senso che la struttura razionale della nostra mente ci porta a trovare un senso logico anche in ciò che apparentemente non ne ha, producendo in tal modo altri meme. Davanti a una situazione che non capiamo, siamo portati a “trasformarla” in modo da poterla capire e comunque decodificare e in questo processo di adattamento mentale vengono liberati nuovi meme per ristabilire l’equilibrio che si era rotto con l’in­gresso di un dato non congruente.

La terza modalità di trasmissione è quella propria del cavallo di troia che sfrutta il fatto che il soggetto ricevente abbia una particolare predisposizione per un certo meme (si pensi a una mamma recettiva, in modo selettivo, al pianto di un bambino). Così il cavallo di troia sfrutterà questa situazione per veicolare insieme all’informa­zione-civetta anche altri meme a quella associati.

Il meme si trasmette infine per imitazione e l’imitazione è stata una delle spinte evolutive più efficaci, posto che chi era in grado di maggiormente imitare i propri simili e dunque di aumentare il proprio bagaglio di competenze, ha accresciuto la possibilità di sopravvivenza. Il linguaggio è nato per la necessità di liberare le mani occupate dalla comunicazione gestuale — l’unica un tempo possibile — onde poterle impiegare nella difesa o nell’attacco, coordinandosi nel contempo con il resto del gruppo, anche di notte e a distanza.

Si ipotizza che tutto ciò sia stato possibile per la presenza nel nostro cervello dei cosiddetti neuroni specchio, un sistema che svolge un ruolo fondamentale nell’imitazione codificando l’azione osservata in termini motori e rendendo in tal modo possibile una sua replica. Si pensa infatti che sia stata la progressiva evoluzione di tale sistema, originariamente deputato al riconoscimento di atti transitivi manuali (afferrare, tenere, raggiungere…) e orofacciali (mordere e ingerire…) a fornire il substrato neuronale necessario per la comparsa delle prime forme di comunicazioni interindividuale. Ed è a partire dal sistema neuronale posto sulla superficie laterale dell’emisfero che si pensa si sia evoluto nell’uomo il circuito responsabile del controllo e della produzione del linguaggio verbale. 

La definizione di meme data in apertura è quella più comune, ancorata alla biologia. Esiste però almeno un’altra definizione importante di tipo psicologico, quella di Plotkin secondo cui il meme è un’unità di eredità culturale analogo al gene, l’interna rappresentazione della conoscenza. La memetica applica concetti mutuati dalla teoria dell’evoluzione (in special modo la genetica delle popolazioni) alla cultura umana. Cerca di spiegare fenomeni estremamente controversi, quali la religione o i sistemi politici, usando modelli matematici. C’è tuttavia anche scetticismo nell’utilizzare l’analogia tra meme e gene, soprattutto sulla possibilità di eseguire verifiche sperimentali.

Considerate le caratteristiche di diffusione del meme il suo comportamento è stato paragonato a quello del virus (si parla infatti di virus del linguaggio come scrisse Richard Brodie nel suo libro Virus of the Mind). È naturale pertanto che si sia pensato se è possibile difendersi dal virus creandosi una sorta di vaccinazione mentale (“Si può resistere ai meme?”).


Ho deciso di parlarne perché è un argomento che  ha suscitato in me molto interesse, tanto da spingermi a leggere qualche libro a riguardo (vedi bibliografia sotto) in quanto lo trovo profondamente attuale. Voi che ne pensate a riguardo?

Fonti: Richard Brodie, Virus of the mind, The New Science of the Meme, London, Hay House UK, 2009:
Giacomo Rizzolatti e Corrado Sinigaglia, So quel che fai, il cervello che agisce e i neuroni specchio, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2006

venerdì 6 maggio 2011

Una visita all'osservatorio Astrofisico di Arcetri


Giovedì 14 aprile, un gruppetto di amici, armato d’entusiasmo e di buoni propositi, si è recato presso il colle d’Arcetri per una singolare serata: effettuare una visita guidata notturna al celebre Osservatorio. Purtroppo il tempo non si è rivelato complice della nostra buona volontà, riservando pioggia e nubi, per cui non ci è stato possibile usufruire a pieno delle iniziative a noi proposte (tra le quali una visita notturna al parco astronomico e l’osservazione di stelle e pianeti con il telescopio Amici). Gli organizzatori della serata hanno però in qualche modo rimediato riservandoci una visita alternativa “al coperto” che ci permettesse di soddisfare in ogni caso le nostre curiosità astronomiche.
L’Osservatorio di Arcetri, nato nel 1872, ha soppiantato l’osservatorio astronomico di Firenze de “La Specola”, annesso al Reale Museo di Fisica e di Storia Naturale, ritenuto un luogo poco adatto a causa dell’inquinamento luminoso proprio della città. Il trasferimento ad Arcetri, voluta dall’astronomo Giovan Battista Donati, ebbe anche un significato simbolico, in quanto poco lontano si trova la villa de "Il Gioiello", ultima dimora di Galileo Galilei.
Attrattiva principale della nostra visita notturna è stata il telescopio Amici, collocato nel padiglione della struttura che abbiamo potuto ammirare in tutta la sua storica bellezza mentre la nostra guida ci illustrava la storia dell’Osservatorio e del celebre telescopio. Per la gioia di esperti e curiosi di ogni età, abbiamo potuto ripercorrere, mediante un ampio schermo LCD e un programma di visualizzazione computerizzato, la volta stellata sovrastante alla ricerca di pianeti, stelle e costellazioni.
Molto apprezzata da noi visitatori, per la sua spettacolarità, è stata inoltre l’osservazione dei raggi cosmici e della radioattività naturale tramite la cosiddetta ‘camera a nebbia’: questo particolare strumento rileva tali particolari raggi, che, al loro passaggio, lasciano delle scie (di spessore diverso, a seconda delle particelle che lo compongono) rimanendo tracciabili nel gas all’interno del rivelatore. Prima di accomiatarsi da noi, la nostra guida ci ha regalato, in ricordo di un’esperienza istruttiva sicuramente da consigliare, una copia stampata della vista alto-azimutale del cielo che evidenziava le costellazioni visibili dal nostro punto di osservazione. 


Vi è mai capitato di andare in un posto specificamente per un motivo e poi rimaner "delusi" da condizioni (nel mio caso atmosferiche) avverse?
C'è qualcuno che è mai stato ad Arcetri?

domenica 1 maggio 2011

Assignment 3: Coltivare le connessioni (2)

Andiamo alla mostra di Hirst, usciamo, scattiamo una foto tutti insieme, come ricordo della piacevole mattinata trascorsa. Mentre ancora sorridiamo davanti alla macchina fotografica ecco comparire una gentile signora.

Un attimo: la signora indica l’immagine su libro (“that’s my husband!”). Rimaniamo senza parole. Lo invitiamo a scattare una foto con noi. Chissà da dove proveniva. Her husband è colui che ha incastonato le pietre sul prezioso teschio di Hirst (vedi post prima Assignment 3: Coltivare le connessioni (1) "L’icona della morte? È Glamourous-->il proseguo)
Gli chiedo di scattare una foto tutti assieme e lui acconsente. E così la pubblico sul blog, la rendo accessibile a tutti. Ho provato, ricercando su internet, a trovare il suo nome. Ancora non che l’ho fatta, ma nel caso ci riuscissi, potrei inserirlo nel blog e forse lui potrebbe risalire a questo post che ho da poco tempo pubblicato. E forse potrebbe (dalla sua dimora… forse negli Stati Uniti?) mettersi in contatto con noi, in Italia, a Firenze, esprimendo il suo piacere per la singolare circostanza, oppure manifestando i suo dissenso per la pubblicazione della foto. E così, attraverso internet, mediante un’immagine che (come ci disse una nota marca di telefonini,  solo dieci anni fa, quando il telefono sapeva solo chiamare le persone) “comunica più di mille parole”, avremmo stabilito una connessione. 

In un’altra circostanza, magari analoga a questo evento sarebbe potuto diventare un modo per intrecciare nuovi rapporti, cominciare a scambiarci idee, accrescerci dal punto di vista umano e conoscitivo. E mentre ancora mi interrogo, cercando di capire se mai questa connessione troverà il lieto fine non posso fare a men di affermare: “che straordinario strumento è internet”. Alla fine non ho messo in atto alcuna particolare conoscenza per cercare di “chiudere questo circuito”: non ho dovuto studiare per capire come scattare la foto, caricarla su internet e scrivere un post a riguardo. Osservando gli altri, procedendo per tentativi e per errori (e perché no, anche arrabbiandomi alle volte perché ciò che mi figuravo in testa non riuscivo a renderlo nello cyberspazio) sono riuscita a farlo. Qualcuno potrebbe chiedersi “a cosa è utile tutto ciò?”. A stabilire delle connessioni. A creare nuovi rapporti con le persone affinché possano trasmetterci qualcosa, insegnarci qualcosa, comunicarci qualcosa.

Cercando di immaginare come tutto ciò potrebbe risultarci utile dal punto di vista didattico, mi viene in mente un episodio della mia amata serie televisiva di Grey’s Anatomy: la dottoressa Bailey (chirurgo) decide di prender parte a un esprimendo, eseguendo interventi “in diretta” su twitter. Alcuni specializzandi la assistono durante l’intervento, una telecamera riprende quanto stia accadendo (dopo che il paziente ha opportunamente firmato il consenso) e altri studenti tengono in mano dei telefonini con i quali rispondono ad altri studenti (connessi, via internet chissà dove) che stanno seguendo l’intervento a scopo didattico. Addirittura vi è una scena in cui un collega chirurgo (seduto alla scrivania del suo studio, chissà da quale ospedae) durante una fase critica dell’intervento propone, via twitter, una risoluzione, complicata, ma che sarebbe in grado di salvare la via al paziente. E così il paziente si salva.

È questa la prima immagine che mi è venuta in mente dopo la lettura del pamphlet del professore “Collegare le connessioni”. Gli spunti di riflessione sono tanti, le cose da dire sarebbero altrettante, l’immagine che è apparsa chiara nella mia mente alla lettura del testo è quest’ultima sopra descritta.

Leggo (nel testo del professore) e riscontro come una realtà toccabile con mano che stiamo perdendo il contatto con tutto ciò che è vivente. Andiamo a scuola cercando di inserire una serie di nozioni nella nostra mente come se fosse un vaso da riempire. Con cosa? Non si sa. “Come non si sa!” “Beh poco importa se non hai capito. Domani c’è il compito. Torna a casa e studiati le 30 pagine a riguardo. Ah e domani sii in grado di ripeterle per bene. E cerca di prendere un bel voto. Perché si sa, la tua conoscenza è direttamente proporzionale al voto che hai preso, altrimenti a cosa servono i voti?” “Hai preso 10? Vorrà dire che hai capito tutto!” “Mah veramente ho capito poco… ma c’era il compito alle porte… mi sono imparato tutto a memoria…”

Dobbiamo cercare di opporci a questa tendenza che rischia, alla fine di far solo perdere del tempo, a sprecarlo in maniera inesorabile. Sì perché alla fine avremo imparato poco e così, settimana prossima ci sarà un altro compito. E così via…

Dobbiamo prendere atto di questa situazione e cercare di cambiarla. Come? Sfruttando gli strumenti a nostra disposizione, imparando a conoscere gli elementi protagonisti del nostro personal learning environment (unici, per ogni persona) e sfruttarli a pieno, affinichè quella serie di nozioni non vadano perse per sempre, ma diventino conoscenza. Chiunque dovrebbe tenerlo bene a mente, ma soprattutto noi che desidereremmo diventare dei buoni medici e non possiamo permettere che la nostra preparazione sia “vuota”, un voto di laurea eccellente, anche 110 e lode, ma vuoto in consistenza.

Attraverso questo corso abbiamo imparato che internet non è un contenitore di oggetti raccolti solo in maniera disordinata, contenente informazioni inutili o utili soltanto a pochi. C’è stato chi, prima di noi ha cercato di riunirli in maniera ordinata, mostrandoci il modo migliore per coltivare le nostre connessioni, il nostro giardino personale, rimanere sempre in contatto con ciò che più ci interessa attraverso i Feed RSS, attraverso PubMed che addirittura ci fornisce articoli d’avanguardia utili per i nostri studi, (non ancora del tutto purtroppo) accessibili, studiabili, confrontabili.

Facciamo un esempio: presso la nostra università purtroppo non ci è più possibile assistere a delle dissezioni. Nonostante le proteste di professori universitari, studenti più o meno avanti con gli anni, niente è stato smosso: la ex sala dissezioni della nostra Facoltà è ormai una sala come tante altre. Ma noi come faremo l’anno prossimo ad affrontare il complicato ed estremamente articolato studio dell’Anatomia? Come possiamo far sì che i rapporti tra gli organi e gli apparati non risultino solo una serie di nozioni apprese dalle pagine di un libro, sicuramente non sotto forma di immagini tridimensionali?
Beh, mentre attendiamo che le nostre lettere ottengano qualche riscontro a livello comunale possiamo usare internet, youtube, i numerosi siti che offrono video su dissezioni praticate magari in qualche college negli Stati Uniti. Possiamo sfruttare gli strumenti a nostra disposizione. Possiamo coltivare le nostre connessioni con studenti dall’altra parte del mondo, con le nostre stesse ansie di studenti alle prime armi. Possiamo così creare il nostro PLE e premetterci di camminare per il nostro bosco, passo dopo passo, da soli, ma forti del fatto che possiamo contare sull’aiuto degli altri. E se la conoscenza tramite tutto ciò che è vivente sta, piano piano svanendo tento, nel mio piccolo, di oppormi fin da adesso a questa tendenza, per evitare con tutte le mie forze di diventare un medico freddo, senza empatia che si nasconde dietro parole forbite e tecniche. E per fare ciò cerco il contatto con gli altri (praticando volontariato? Sforzandomi di imparare ad ascoltare le persone?), anche se questo contatto può non per forza pervenire dal diretto contatto con il vivente, ma tramite un oggetto, il computer e internet.

Assignment 3: Coltivare le connessioni (1) "L’icona della morte? È Glamourous-->il proseguo"

Non potevo non inserire questa foto, scattata poco dopo aver visto lo sfavillante teschio di Hirst. Ancora increduli per come sia stato possibile esserci trovati "nel posto giusto, al momento giusto", mentre eravamo davanti al poster, in Palazzo Vecchio ci è passato accanto colui che ha incastonato le pietre sul prezioso teschio. A indicarcelo è stata la moglie che tenendo in mano un libro esplicativo dell'opera di Hirst ci ha indicato il marito (in un'immagine, nell'atto dell'incastonatura) dicendo "That's my husband!"

Una canzoncina fastidiosa che risuona nelle orecchie? Serve a ricordare

L’anno scorso un ragazzo di 21 anni si è rivolto disperato agli psichiatri del Central Institute di Kanke nel Jharkland indiano: da 5 anni gli frullava in testa l’intera colonna sonora di un film hindi, quasi 3 minuti di musica con fino a 35 replay al giorno. Un caso che si è rivelato persino resistente ai farmaci. Fortunatamente il suo è un caso estremo, di solito non è necessario ricorrere alla chimica: il tarlo dell’orecchio, o öhrwurm (così lo chiamarono i ricercatori tedeschi a fine ’800, o earworm per gli inglesi), è molto comune. 
Ma che cos’è? 
Come farlo sloggiare? 


L’orecchio, in realtà, c’entra poco: si tratta di “parassiti” musicali del cervello: nel 1987 una rivista li definì “agenti musicali cognitivamente infettivi”; successivamente furono rinominati Mir o Musical imagery repetition cioè “Ripetizione di immagini musicali”. 
Il fenomeno è comune: il 98,2% delle persone sa di cosa si tratta. 


Gli studi finora condotti hanno dimostrato grandi differenze individuali: per alcuni è un occasionale, piacevole sottofondo musicale che tiene compagnia; per altri un fastidioso ritornello di cui non riescono a liberarsi; solo per pochi, il 10% della popolazione, il ritornello diventa un’ossessione fastidiosa. Sono questi ultimi i casi in cui gli earworm diventano sintomi, insieme ad altri, di una patologia ossessivo-compulsiva. 


Daniel Levitin, neuroscienziato e musicofilo, si è concentrato sulle caratteristiche dei tarli scoprendo che sono spezzoni molto brevi, di 15-30 secondi. E James Kellarsi, docente di marketing all’University of Cincinnati, ha individuato le caratteristiche intrinseche del brano musicale: 


1. ripetitività di certe strutture musicali, come per esempio i ritornelli, ma anche 
2. semplicità musicale, 
3. incongruità tra testo e musica o 
4. tra ritmo e metrica. 


Chi si occupa di marketing studia infatti le caratteristiche comuni dei tarli per trasmettere memi (concetti che funzionano come infezioni) per vendere.


Bennett però ha avanzato un’ipotesi affascinante, che spiegherebbe l’universalità del fenomeno: i tarli sarebbero sistemi di consolidamento mnemonico, fenomeni di un nuovo tipo di memoria, che chiama audio-eidetica, in cui la musica aiuta a ricordare le parole o gli avvenimenti cui è legato quel brano. 
Se Bennett avesse ragione, i tarli dovrebbero essere benvenuti perché fanno riemergere i ricordi cui sono legati. 


David Kraemer, specializzando in scienze cognitive del Dartmouth College nel New Hampshire, usando la risonanza magnetica ha dimostrato che l"’iPod del cervello" è nella corteccia uditiva, che registra e conserva le nostre memorie uditive. Ed è la corteccia uditiva che decide quale tarlo “trasmettere”. Forse alcuni tarli sono più presenti di altri, ma altri studi dimostrano che ci sono poche sovrapposizioni, come se ogni cervello avesse una sua predisposizione. 


Come possiamo cancellare il nostro earworm? Sembra essere inefficace la strategia di focalizzare l’attenzione su compiti diversi. E cercare attivamente di dimenticare il ritornello rende il tarlo ancora più persistente per le caratteristiche stesse della memoria: se si legge “non pensare all’elefante rosa” diventa impossibile non pensare a un elefante rosa. Diana Deutsch, ordinario di psicologia all’University of California a San Diego, sostiene che, quando i tarli si fanno fastidiosi, riflettono dei retropensieri, una sorta di post-it che invita a ricordare: spariscono quando si trova il legame.

A voi è mai capitato?
A me sì, in particolare ricordo che per un determinato periodo (sarà stata una settimana buona) ogni volta che mi svegliavo echeggiare nella mia testa le note e le parole della canzone "Maybe I'm amazed" di Jem (per chi ai tempi vedeva OC dovrebbe averla presente...) perché la associato a una decisione che dovevo prendere e che continuavo a rimandare. Effettivamente, quando la presi, scomparve il mio worm.

Fonti:

mercoledì 27 aprile 2011

Assignment 6: Impariamo ad usare PubMed


Impariamo ad usare PubMed:
Ne avevo già sentito parlare prima d'ora, sapevo (dagli assignments precedenti) che sarebbe arrivato il momento in cui l'avremmo conosciuto e grazie ai tutorials trovati nel sito del professore, possiamo meglio comprenderne le potenzialità.


Ma cos'è PubMed? E' una banca dati biomedica accessibile gratuitamente on line che viene sviluppato e mantenuto dalla National Center for Biotechnology Information NCBI), presso la US National Library of Medicine(NLM), che si trova presso il National Institutes of Health (NIH). PubMed comprende oltre 20 milioni di citazioni di letteratura biomedica da MEDLINE, riviste di scienze della vita, e libri online. Citazioni di PubMed e abstract includono i campi della medicina, infermieristica, odontoiatria, medicina veterinaria, il sistema sanitario, e delle scienze precliniche. PubMed offre anche accesso a ulteriori siti Web rilevanti e link alle altre risorse di biologia molecolare NCBI.


PubMed è una risorsa gratuita. Anche se non tutti i suoi articoli sono disponibili gratuitamente, per alcuni è infatti previsto il pagamento. A tal proposito, il professore ci ha spiegato tramite un breve ed esaustivo tutorial, come utilizzare il proxy della rete universitaria in modo da poter accedere anche dall’esterno ai periodici per i quali l’Ateneo ha acquistato l’abbonamento.


First step: raggiungere il sito di PubMed. Non vi ricordate l'Url? Visto che è difficile da ricordare, basta digitare “PubMed” su Google e compare il link


PubMed ci accoglie con una frase (rigorosamente in inglese, la lingua della scienza) che può, a prima vista, spaventarci un pochino:


"PubMed comprises more than 20 million citations for biomedical literature from MEDLINE, life science journals, and online books"


Ma non lasciamoci distrarre dal nostro obiettivo: riuscire a districarci in questo banca dati a noi sconosciuta e compiere una ricerca che ci possa essere utile per i nostri studi. Per quella che sembra un'enorme quantità di dati a disposizione, non ci dobbiamo preoccupare troppo: esistono diversi limiti e filtri da utilizzare a nostro vantaggio e li vedremo tra breve.
Decido di buttarmi alla ricerca di informazioni e pubblicazioni circa l'osteoporosi, quella condizione di fragilità delle ossa che colpisce maggiormente i soggetti anziani, qualora non si verifichi un corretto equilibrio tra i processi di riassorbimento e deposizione del tessuto osseo. Inserendo il termine “osteoporosis” ecco che compaiono 52148 risposte. Decisamente troppe. A questo punto posso agire focalizzando la mia ricerca e lo posso fare in diversi modi. Noto, intanto che a destra il sistema mi da dei suggerimenti:




decido di cliccare su “osteoporosis prevention”: compaiono in questo modo 14049 risultati. Ho già operato una prima scrematura. Ma procediamo ancora: clicchiamo sui limits. Inserisco queste limitazioni:


Sotto Dates inserisco “published in the last year”
Sotto Species inserisco “humans”
Sotto Subsets “Cancer”
Sotto Languages “English”


Clicco su “search”: 114 risultati. Molto meglio! Procediamo ancora: decido di focalizzarmi sulla prevenzione dell'osteoporosi su soggetti d'età compresa tra i 19 e i 24 anni, per cui lo inserisco tra i miei limits:


Sotto Ages inserisco “Young Adult: 19-24 years”
clicco su search: ho ottenuto 4 risultati, di cui uno solo 1 con in versione “free full text” http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed


Sicuramente in questi primi anni di studio dobbiamo porre le basi e acquisire quel linguaggio tecnico che ancora ci manca per poter comprendere a pieno articoli scientifici di questo calibro, ma sicuramente tra qualche anno PubMed ci risulterà utilissimo e diverrà addirittura indispensabile per la nostra tesi di Laurea.