venerdì 25 marzo 2011

La volpe e l'uva




Per questo post ho deciso di richiamare alla memoria una storiella che probabilmente tutti conosciamo ed è quella de' "La volpe e l'uva". L'originale favola è di Esopo ed è stata poi riportata in lingua latina da Fedro. Importante è "la morale della favola" presente al termine di ogni piccola narrazione, quella che in greco viene preceduta dal ricorrente "O mythos deloi oti...” cioè "La favola insegna che..."

Fabulae - Libro IV

Un giorno una volpe affamata passò accanto a una vigna e vide alcuni bellissimi grappoli d'uva che pendevano da un pergolato.
- Bella quell'uva! - esclamò la volpe e spiccò un balzo per cercare di afferrarla, ma non riuscì a raggiungerla, perchè era troppo alta. Saltò ancora e poi ancora e più saltava più le veniva fame.
Quando si accorse che tutti i suoi sforzi non servivano a nulla disse: - Quell'uva non è ancora matura e acerba non mi piace! - E si allontanò dignitosa, ma con la rabbia nel cuore.
La favola è scritta per coloro che disprezzano a parole ciò che non possono avere.

E per i latinisti...

IV, 3 - De vulpe et uva

 Fame coacta vulpes alta in vinea
uvam adpetebat summis saliens viribus.
Quam tangere ut non potuit, discedens ait:
"Nondum matura est; nolo acerbam sumere".
Qui facere quae non possunt verbis elevant,
adscribere hoc debebunt exemplum sibi.

È facile disprezzare quello che non si può ottenere. Non a caso, da questa storiella proviene il detto "Fare come la volpe con l'uva"  che metaforicamente significareagire a una sconfitta sostenendo di non aver mai desiderato la vittoria, o disprezzando il premio che si è mancato di ottenere”.

Quante volte ci è capitato?
Un po’ di umiltà farebbe bene a ciascuno di noi. Un bell'esamino ci coscienza ogni tanto, non ci farebbe male...

sabato 19 marzo 2011

Assignment 1

In questo primo assignment il professore ci ha insegnato come prendere familiarità con i Feed RSS. In questo post proverò a spiegarvi come abbia fatto ad acquisire i Feed RSS dei siti delle riviste "Science" e "Focus"

Per quanto riguarda la rivista "Sciencehttp://www.sciencemag.org/, andando alla ricerca dell'icona identificativa dei Feed RSS, si può subito vedere che queste icone arancioni sono dislocate in più punti diversi della home del sito:

(follow the yellow arrows)

Ad esempio: decidiamo di seguire attraverso il nostro aggregatore le "Daily news". Con il cursore ci avviciniamo all'icona che nell'immagine si trova cerchiata di giallo sulla colonna di sinistra e vi si clicca sopra con il tasto destro del mouse: in questo modo possiamo "Copiare il link" da aggiungere all'interno dell'apposita area nel nostro aggregatore.

Per quanto riguarda la rivista "Focus" invece (http://www.focus.it/):


dopo aver cliccato sull'icona dei Feed RSS vi si apre una nuova pagina con l'elenco dei Feed RSS sia di Focus (suddivisi per argomenti) sia della rivista Jack:


A questo punto bisogna semplicemente salvare il link a lato dell'argomento scelto e inserirlo nell'aggregatore.

Il cuculo: un pulcino assassino

Un post sul cuculo? Beh, il primo apparteneva alla sfera artistica, il secondo all’area sanitaria e il terzo… a quella naturalistica! Perché secondo me “bloggare” vuol dire anche questo: rilassarsi e rivolgere la propria attenzione su argomenti meno impegnati, ma sicuramente spassosi.
Tempo fa, avendo acceso la televisione di pomeriggio mi capitò di vedere parte di una trasmissione per ragazzi. All’inizio confesso che avrei voluto cambiare canale, poi però fecero partire un servizio con dei video alquanto inquietanti che mi fecero riflettere sulla “straordinarietà” della natura. Per questo ho deciso di parlarvene.


Cosa ha di particolare il cuculo?
I cuculi hanno una strategia nella riproduzione molto particolare: non costruiscono il loro nido ma depositano le uova nei nidi di altre specie di uccelli. La femmina di cuculo è specializzata nel copiare le uova di altre specie, circa una cinquantina di passeriformi tra cui cannaiole, capinere, ballerine e averle.
Generalmente i nidi che i cuculi scelgono sono stati costruiti da uccelli con i pulcini molto più piccoli nelle dimensioni dei pulcini del cuculo. I genitori “beffati” che hanno costruito il nido faticano molto a nutrire questo grosso pulcino, credendo che sia loro. Infatti, il piccolo cuculo esce dall’uovo molto prima dei pulcini della specie che ha costruito il nido e butta fuori dal nido le uova dei suoi presunti fratelli. 
(Il link è in arabo, ma l'audio è in inglese; fate attenzione alle immagini. Se potete, guardate il minuto 1.00.)


Io credo sia sconvolgente: è appena nato, indubbiamente la madre cuculo “non gli ha detto niente” e il pulcino istintivamente butta fuori dal nido le altre uova. Se ci fate caso sembra quasi che ancora non abbia aperto gli occhi, ma non importa: utilizza il suo dorso per rimanere l’unico nel nido, per far sì che tutte le attenzioni siano riservate solo ed esclusivamente a lui.
Questo metodo di riproduzione prende il nome di “parassitismo da nidiata”: l’evoluzione ha suggerito numerosi vantaggi per questo tipo di comportamento: il più rilevante è che, senza il processo tassativo di allevare i giovani, il genitore è libero di usare l’ energia risparmiata per produrre più uova.

Ma perché l’uccello ospite permette tutto ciò? Come suggerisce il nome, il parassitismo da nidiata va a scapito dell’ospite e della sua prole. L’ospite spende energie per nutrirel’estraneo; nel peggiore dei casi (di solito il più comune) i nidiacei dell’ospite muoiono per negligenza dei genitori che si preoccupano di nutrire il nidiaceo estraneo di norma più grande. Gli scienziati credono che l’ospite non si accorga della presenza di un estraneo nel nido anche quando l’ospite è di dimensioni doppie del genitore adottivo.
Come vedete bene in questo video il cuculo (l’unico uccello rimasto nel nido) è molto più grande del povero genitore Cannaiola, ma quest’ultima sembra non accorgersene:


La madre del cuculo è quindi sicuramente una madre anticonformista, che non si prende cura dei suoi piccoli, che non si preoccupa che questi crescano in salute, nutriti anche del suo affetto: una volta che le uova vengono deposte nel nido ospite, sta al piccolo sopravvivere. Il lavoro del cuculo è molto particolare e si basa su una tecnica affinata nelle generazioni: il cuculo è specializzato nell’uovo da riprodurre (le specie da “copiare” sono diverse, alcune uova sono di colore azzurro, altre possono essere bianche con macchie scure ecc) osserva per diverso tempo quella che sarà la madre adottiva del suo piccolo poi, appena la madre si allontana, vola verso questo e istantaneamente deposita il suo uovo. Questa è un’operazione molto delicata: se l’uovo verrà riconosciuto come diverso e estraneo verrà allontanato dalla madre.

La visione di quel video mi ha colpito: mi ha fatto riflettere come l’istinto, che per alcune specie porta a procacciarsi il cibo, a farsi spazio nella natura vivendo e cooperando con gli altri, in questo caso consista nel puro egoismo. Il piccolo di cuculo “sa” che dovrà rimanere il solo in quel nido. 

Ma come si fa a nascere ed essere così biologicamente spietati, prima ancora di aver aperto gli occhi?

martedì 15 marzo 2011

I'll help you/I'll hurt you (?)

Ieri ho partecipato ad una delle lezioni serali previste dal corso per diventare soccorritore di livello base presso un centro di volontariato. In particolare, ieri si è svolta la prima lezione pratica per arrivare a svolgere correttamente il BLS che, per chi non lo sapesse è un acronimo che sta per Basic Life Support (in italiano supporto di base alle funzioni vitali), una tecnica di primo soccorso che può - in alcune circostanze - essere determinante per salvare la vita di un infortunato. Viene messa in pratica qualora la persona si trovi ad essere priva di sensi e/o presenti un blocco meccanico delle vie aeree o si trovi in totale arresto cardiaco con temporaneo stato di coma. Lo scopo del BLS, anello fondamentale di quella che viene definita come la “catena della sopravvivenza” è quello di mantenere ossigenato il cervello e il muscolo cardiaco, insufflando artificialmente aria nei polmoni e provocando, per mezzo di spinte compressive sul torace, un minimo di circolazione del sangue.

Ebbene, ieri ho provato per la prima volta a svolgere un massaggio cardiaco su un manichino. Intanto, come forse ci saremmo potuti aspettare, non è come in Bay Watch dove ogni cinque massaggi puoi fare la respirazione bocca a bocca e magicamente il povero malcapitato riprende coscienza facendo fuoriuscire un po’ d’acqua dalla bocca: la condizione perfetta consisterebbe in 100 compressioni al minuto, il che significa quasi due al secondo. Quasi umanamente impossibile, per questo ci si auspica di arrivare ad almeno 80 al minuto, fatte bene.



Ma, ciò che mi ha “turbato” non è la fatica che il massaggio cardiaco comporta; non è l’”insufflazione” che potrebbe (nel caso non fossimo in possesso dell’opportuna strumentazione) essere effettuata bocca a bocca o bocca/naso come ci hanno spiegato: ciò che mi ha turbato è il movimento che deve essere effettuato per il massaggio cardiaco. Si deve collocare le mani direttamente sopra lo sterno, una sopra all'altra, al centro del petto e, per evitare di rompere le coste, bisognerebbe appoggiare soltanto l’eminenza palmare sul torace, intrecciando le dita sollevandole leggermente. Tenendo le braccia dritte, senza piegare i gomiti, il soccorritore dovrebbe muoversi su e giù con determinazione facendo perno sul bacino. Per essere efficace, la pressione sul torace deve provocare un movimento di circa 4–5 cm per ciascuna compressione. E qui sorge il “mio” problema: il massaggio cardiaco è, come ci hanno spiegato, una manovra invasiva. Non è raro che si possa udire uno spiacevole “Stonc!”, segno che le cartilagini costali si sono distaccate dalla loro articolazione con lo sterno. Ma… se lo stonc provocasse qualcosa di grave? Se appunto indica che un qualcosa si è staccato… potrebbe con il massaggio diventare pericoloso, qualche margine potrebbe risultare appuntito. E se il rumore udito (prendiamo ad esempio un massaggio che viene praticato su un soggetto anziano, in cui le articolazioni non sono più così elastiche) corrispondesse ad una costa fratturata? Con la prosecuzione del massaggio si potrebbe perforare la pleura e si potrebbe verificare uno pneumotorace.

E qui il dilemma: il soccorritore si muove per aiutare, per prestare soccorso appunto cioè, in teoria, per migliorare la condizione in cui verte la persona assistita. E se, per qualche ragione, invece di aiutare non avessimo fatto altro che peggiorare la situazione? Non solo non saremmo stati in grado di aiutare la persona, ma addirittura le avremmo provocato un danno ancora più grave. E le implicazioni riguardano sia la sfera giuridica che quella morale.

Vogliamo diventare medici per aiutare gli altri. E se invece non vi riuscissimo? Certo, da qualche parte si dovrà pur cominciare, ma ciò non toglie che l’errore sia sempre in agguato.

giovedì 10 marzo 2011

L’icona della morte? È Glamourous


Dal 26 novembre 2010 al 1 maggio 2011 si potrà ammirare, nella Camera del Duca Cosimo I dei Medici in Palazzo Vecchio l’opera d’arte “For the Love of God” dell’artista contemporaneo Damien Hirst. Un po’ di numeri: 8.601 diamanti al massimo grado di purezza, un grosso diamante rosa a forma di lacrima incastonato sulla fronte (chiamato “la stella del teschio”) per un totale di 1.106,18 carati. È considerata l’opera d’arte più costosa mai realizzata il cui valore si aggira intorno ai 100 milioni di euro. Essa è stata ricavata da un calco in platino di teschio umano in scala reale e i denti sono originali, ottenuti da un cranio vero del Settecento acquistato da Hirst a Londra. Al cospetto di questo oggetto altamente perturbante, in cui morte e glamour si trovano a braccetto, lo spettatore è chiamato a rispecchiarsi in esso e a vederci riflessa la propria stessa precarietà in una promessa di eternità che sembra completamente materiale. Dice Rudi Fuchs nel catalogo della prima presentazione di quest’opera-immagine: 

That is why it is such a sad and iconic image of the passing of time. But the diamond skull is made of materials of utmost durability. Platinum lasts forever, diamonds are eternal. […] There, in that ambiguity, the skull proclaims victory over decay.

Quindi decadimento e immortalità, morte ed eternità.

Che cosa vi trasmette l’immagine di un teschio? È davvero diverso il suo messaggio, in quanto tempestato di diamanti?
Se penso al teschio mi viene in mente, con una sorta di brain-storming le parole “paura”, “riti oscuri”, “morte”. Ma in realtà il teschio è il segno tangibile che qualcosa di vivo, qualcosa che abbia avuto la possibilità di respirare la vita, sia passato di lì. E questo segno rimane, per sempre (se non si sbriciola prima) oltre noi: noi siamo transitori, quello che abbiamo pensato, detto e sostenuto non si può carpire da questo straordinario e complesso insieme di ossa.

Quando guardo un teschio (e, grazie allo studio dell’Anatomia ho avuto modo di vederne anche di veri) noto che esso suscita in me un certo fascino: è come se lui, avvolto nel suo silenzioso mistero portasse con sé il conseguimento di una verità a me sconosciuta. Lui sa qualcosa che io non so. Lui sa cosa c’è dopo, io lo posso solo immaginare. E mi immagino che lui, mostrando vistosamente le sue arcate dentarie in realtà rida di me e di tutto ciò che gli sta intorno. Ride, in silenzio.

Voi che ne pensate? Avete già avuto modo di visionare quest'opera?

Fonti:
http://www.museicivicifiorentini.it/palazzovecchio/evento29.htm
http://mostreemusei.sns.it/index.php?page=_layout_mostra&id=802&lang=it

mercoledì 9 marzo 2011

Hello world!

Salve a tutti! Ufficialmente il mio nuovo blog ha cinque minuti! Devo ancora lavorare il template (aspetto esteriore del blog), ma ci lavorerò nei prossimi giorni. Intanto se volete lasciare qualche commento... Lo potete fare dopo il beep.