domenica 20 novembre 2011

Emotions recollected in tranquillity

«I have said that poetry is the spontaneus overflow of powerful feelings: it takes its origin from emotions recollected into tranquillity». Traslando il pensiero di Wordsworth ad altri campi e comparandolo con quello di Coleridge, è più veritiera un'emozione forte, provata sul momento, nell'istante esatto in cui viene esperita oppure percepita a distanza di tempo, in completa tranquillità, in balìa del ricordo che quell'emozione ti può suscitare?

In breve: è più sincero il sentimento che provi nell'attimo, o quando ci ripensi a distanza di tempo?

Come quando guardi un'opera d'arte: è per forza vero che ti debba emozionare o suscitare un qualunque tipo di emozione subito, nell'immediato? O forse sul momento potrebbe anche solo averti lasciato un qualcosa nella mente che risulterà catalogato, rielaborato e amplificato in seguito?

1 commento:

  1. Credo sia piuttosto una questione di gestione delle emozioni. Mentre si vivono, si avvertono nella loro pienezza sensoriale, mentre la razionalizzazione è assente o minima. In seconda battuta, è esattamente il contrario. La razionalizzazione dell'evento è gestita come ricordo in assenza totale delle sollecitazioni sensoriali. Inizia in questa seconda fase la gestione dell'evento emozionante e l'attribuzione di senso, di giudizio, di valorizzazione.
    In altre parole non c'è un momento rispetto a un altro in cui le emozioni siano più vere. Ci sono piuttosto momenti, rispetto ad altri, in cui vengono invece comprese e metabolizzate, 'fatte nostre' quando addirittura non sono rimosse qualora ritenute 'non gestibili' o accettabili. Ne è prova, credo, il fatto che, nelle due distinte fasi, siano interessate parti diverse e distinte del nostro cervello.

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